La professione del TECNICO ORTOPEDICO: quando la tecnologia migliora la vita
INTERVISTA A GIUSEPPE SMERALDI
PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE D’ALBO DEI TECNICI ORTOPEDICI TORINO-AOSTA-ASTI- ALESSANDRIA
di Loredana Masseria
Per comprendere la professione del Tecnico Ortopedico l’esempio più calzante è la storia di Bebe Vio, campionessa paralimpica conosciuta in tutto il mondo.
Una schermidora giovanissima che a 11 anni si ammalata di meningococco, un batterio che uccide nel 97% dei casi. Si può evitare grazie ai vaccini per il tipo B e il tipo C, e il tetravalente che copre i sierotipi A, C, W135 e Y.
Bebe si salva, le amputano però le gambe sotto le ginocchia e le braccia sotto i gomiti
Bebe Vio grazie alle più moderne tecnologie che permettono l’invenzione di protesi sempre più moderne e all’avanguardia ha potuto continuare esercitando lo sport che ama.
In una intervista pubblicata su Wired nel 2019 ha dichiarato: “Può sembrare strano, ma le protesi sono un mondo ancora sconosciuto, anche nell’ambiente paralimpico. E spesso sorgono polemiche tra atleti con esigenze e disabilità diverse, convinti che un avversario possa essere agevolato dalla sua protesi, mentre io ho meno allungo delle avversarie, non ho il polso e devo lavorare esclusivamente di spalla e addominali. L’ultimo modello che abbiamo elaborato è meglio dei precedenti, non mi agevola in nessun modo, ma a volte, se mi ferisco e sanguino, si stacca. E capita spesso, perché io ho la pelle molto delicata. Ecco perché continuiamo a lavorare per avere protesi sempre migliori, che mi facciano meno male e siano più comode, ma che allo stesso tempo non mi facciano perdere sensibilità nell’arma (…). La tecnologia migliora la vita”.
Dietro ogni protesi c’è un Tecnico Ortopedico, figura che lavora in stretta correlazione con le aziende sanitarie e, seppure non inserito nel settore pubblico, spiega il dott. Smeraldi, “siamo di supporto ai pazienti e ai cittadini perché, attraverso le nostre imprese, produciamo ausili ortopedici su misura come: protesi, plantari, busti, sistemi di postura, tutori, carrozzine e nelle Ortopedie/Sanitarie si possono trovare articoli come: corsetti, ginocchiere, calze terapeutiche, apparecchi elettromedicali, prodotti per la riabilitazione ecc. Parte del nostro lavoro è dedicato anche alle valutazioni posturali, biomeccaniche e baropodometriche. Quindi noi lavoriamo all’esterno dell’azienda sanitaria, ma siamo fornitori per le persone che necessitano di prodotti di sostegno. Siamo indispensabili fornitori di tutto il materiale di cui hanno bisogno le persone e di cui riceviamo le prescrizioni da parte dei medici specialisti delle aziende sanitarie”.
Come avviene il vostro contatto con le ASL?
“Quando la persona necessita dell’ausilio ortopedico, si rivolge al medico specialista di struttura pubblica, il quale, sulla base del Regolamento contenuto nel D.M. del 1999 e in relazione alla patologia del cittadino, indica l’ausilio protesico necessario. Il tecnico ortopedico costruisce nella propria officina, insieme alla persona, l’ausilio più idoneo a soddisfare le sue necessità.
Devo dire che il DM 332 del ’99, che contiene le norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabile dal SSN è ormai obsoleto e inadeguato. I successi della scienza e lo sviluppo tecnologico nel campo degli ausili hanno migliorato le protesi (e non solo) come nel caso raccontato di Bebe Vio. Oggi ci sono possibilità incredibili che fino a pochi anni fa erano inimmaginabili”.
Come si diventa Tecnico ortopedico?
“La professione nasce con il vecchio titolo di “Meccanico Ortopedico Ernista“ conseguito non oltre il 31 dicembre 1998 (ai sensi del R.D. 1334/1928), riconosciuto equipollente secondo il ns. ordinamento ai sensi del DM 27/7/2000; successivamente e stato istituito il diploma universitario di “Tecnico Ortopedico” ai sensi del Decreto MIUR 24/7/1996; ed infine la laurea triennale in Tecniche Ortopediche di cui al Decreto MIUR 2/4/2001 e s.m. (D. Int. 19/2/2009).
Dopo il corso di laurea triennale si può accedere alla laurea magistrale delle Professioni Sanitarie Tecnico Assistenziali. Per poter esercitare come professionisti dobbiamo essere iscritti all’Ordine delle Professioni Sanitarie mentre come aziende produttrici dobbiamo essere registrati, in qualità di fabbricanti di dispositivi medici, al Ministero della Sanità, come costruttori. Se non abbiamo queste iscrizioni non possiamo lavorare in questo settore. Siamo gli unici preposti a poter costruire un ausilio ortopedico su misura”.
Come sono cambiate le esigenze delle persone nel corso degli anni?
“Il mercato è cambiato alla velocità della luce rispetto agli anni passati; adesso le nuove tecnologie e i processi produttivi si avvicinano molto all’industria 4.0 e si parla di CAD/CAM, 3D, Bionica, Robotica, Additive.
Il lavoro è sempre in aumento perché la popolazione ha una longevità maggiore e quindi anche le problematiche e le richieste di aiuto sono diversificate e maggiori; inoltre, anche sulla fascia d’età giovanile le attenzioni sono aumentate e quindi siamo super operativi. La pandemia ha penalizzato i cittadini in quanto gli ambulatori specialistici hanno dovuto impiegare i propri medici nei reparti COVID ma i nostri professionisti si sono adoperati affinché il servizio rimanesse sempre attivo e regolare. Durante i vari “lockdown” abbiamo sperimentato con alcuni specialisti la telemedicina, con risultati tali che insieme all’ Associazione Scientifica AIPTO, le Università e il Competence Center CIM 4.0 stiamo valutando la realizzazione di una piattaforma che serva ad aiutare ed implementare la medicina territoriale.
Il problema diventa sempre il riferimento normativo, quel D.M. del 1999 anacronistico, che non è più corrispondente alle nuove esigenze di protesi e ausili. Nel 2017 sono stati approvati i nuovi LEA con un nomenclatore aggiornato ai tempi di oggi ma che purtroppo non possiamo ancora utilizzare per problemi legati alla tariffazione.
Oggi le persone hanno bisogno di ausili, di protesi e di supporti all’avanguardia.
Credo quindi che la figura professionale del Tecnico Ortopedico abbia necessità di essere riqualificata con un occhio alla progettazione e all’utilizzo di nuove tecniche produttive/tecnologiche.
Facciamo parte dell’Ordine come Commissione d’Albo e facciamo parte, con la mia figura, anche del Consiglio Direttivo dell’Ordine con l’obiettivo di lavorare in sinergia con le altre professioni e di far conoscere la nostra. Sappiamo di essere poco conosciuti”.
Che messaggio vorresti dare ai giovani?
“Che c’è uno spazio vastissimo, siamo la professione sanitaria con la percentuale più alta di occupazione, supera il 92%. Gli studenti non finiscono neanche il corso di laurea che già vengono assunti nei nostri laboratori ortopedici.
Abbiamo bisogno di Tecnici Ortopedici, tant’è che con le Associazioni di riferimento e alcuni studenti dell’Università di Pavia del terzo anno, stiamo realizzando un progetto che prevede la creazione di una presentazione della professione per poi andare nelle scuole e raccontare il nostro lavoro cercando di appassionare i ragazzi e avvicinarli al mondo della tecnica ortopedica.
Il bello della nostra professione è aiutare le persone che hanno bisogno restituendogli, dove possibile, l’autonomia nelle varie attività quotidiane costruendo gli ausili necessari ma soprattutto istruendo i caregiver su come seguire i loro cari al proprio domicilio. Ci occupiamo di disabili ma anche di persone che hanno semplicemente bisogno di migliorare la loro qualità di vita o migliorare prestazioni prettamente sportive.
Il campo della tecnica ortopedica è veramente vasto e in continua evoluzione”.
Quindi ci sono prospettive di lavoro interessanti nel vostro settore?
“Certo, siamo in pochi, siamo 2.500 circa in tutta Italia con poche sedi universitarie, e mi spiace che a Torino non ci sia un corso di laurea dedicato. Quelle più vicine sono Milano, Pavia, Genova.
Ci sono tantissime aziende che ricercano personale laureato e fanno difficoltà a trovarlo. Rischiamo di non avere la possibilità di soddisfare tutte le richieste per mancanza di professionisti. Quindi il mio appello è: ragazzi iscrivetevi a Tecniche Ortopediche!”
Questa è la professione del Tecnico Ortopedico, e noi affidiamo la chiusura a Bebe Vio che ci fa comprendere cosa e chi c’è dietro una protesi che ai più può sembrare una ‘semplice’ protesi: Bebe che, con i “pezzi” giusti, può fare tutto: prendere in mano un bicchierino di caffè, salire le scale, persino andare a ballare coi tacchi. “Le protesi che ho alle braccia sono mioelettriche, significa che rispondono agli impulsi che il mio cervello manda ai muscoli del braccio e muovono le dita corrispondenti. La sensazione di avere ancora la mia mano, quello che in gergo viene chiamato arto fantasma ed è visto come una cosa brutta, mi ha anche aiutato. Mi trovo bene con le mie protesi, anche grazie a loro ho preso la maturità in Arti grafiche e comunicazione, mangio, scrivo e disegno(…) – (tratto da Wired, 2019, Bebe Vio: “Come la tecnologia mi ha salvato la vita (e portato fino alla Casa Bianca)”.
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